I_Il parco dei monasteri
Intorno alla seconda metà dell’XI
secolo, l’area a nord ovest del centro cittadino, poco distante dal luogo in
cui sorgeva il Castello di S. Croce e in prossimità dei terreni golenali
dell’adiacente fiume Po, fu luogo di interesse non solo per i traffici commerciali
dei mercanti ma anche per le nascenti comunità monacali.
Nel 1089 fu fondato il
monastero di San Benedetto, in cui si insediò inizialmente una comunità di
monaci benedettini, che fuggiti a causa delle continue guerre in quei
sobborghi, furono sostituiti dalle monache dello stesso ordine.
Data la natura del quartiere,
contesto ideale per la dedizione alla vita monastica, in epoca successiva un
gruppo di clarisse domandò protezione entro le mura cittadine, fenomeno che
coinvolse diversi ordini religiosi non più in grado di resistere alle frequenti
violenze e attacchi nei sobborghi.
Fu così che nel 1330 a questo
gruppo di monache fu assegnata una porzione di terreno, in prossimità della
parrocchia di S. Paolo, in cui venne fondato il monastero intitolato a S.
Chiara. Lo zelo e la dedizione degli ordini mendicanti si tramutò in un forte
richiamo per la popolazione che contribuì alla crescita di questi ordini
monastici.
Nonostante i profondi
sconvolgimenti che caratterizzarono la storia cremonese nel periodo visconteo, fu
Bianca Maria Visconti a spingere per l’erezione di un monastero intitolato al
Corpo di Cristo rispettando la regola di Santa Chiara, concesso poi su licenza
da papa Callisto III nel 1454. Il luogo scelto fu proprio nelle adiacenze di
S. Benedetto, andando ad inglobare un palazzo di proprietà della stessa Bianca
Maria Visconti. Nell’arco di quattro secoli si andò così a delineare la
morfologia di un isolato delimitato a nord e ad ovest dal monastero di S.
Benedetto e dai suoi orti, a sud dal monastero di S. Chiara e ad est dal
monastero del Corpus Domini.
L'affresco di A. Massarotti (1702) sulla volta della Chiesa di San Benedetto |
Un particolare dell'affresco |
Con il diffondersi di idee
illuministiche e laiciste, contemporanea alla dominazione asburgica che caratterizzò
l’ultima metà del secolo, San Benedetto, insieme a S. Chiara e al Corpus Domini
videro notificata la soppressione tra il 1782 e il 1784. La particolare
dislocazione dei monasteri in ambito cittadino, data la vicinanza ad altre caserme
e a piazza Castello, indirizzarono il governo al reimpiego di questi complessi
ad uso militare. Se da una parte i progetti di adattamento dei due monasteri
degli ordini mendicanti furono tradotti in capitolati d’appalto, l’idea di
Giuseppe II di destinare il complesso di S. Benedetto ad uso di Collegio di Canonichesse bloccò tali iniziative, in previsione di una possibile espansione
di quest’ultimo.
I lavori, svolti fra il 1785 e il
1791, caratterizzarono in maniera estesa l’edificio di S. Benedetto, intervenendo
a livello di isolato là dove si decise di realizzare il giardino, abbattendo il
muro di divisione con il Corpus Domini ed effettuando alcune demolizioni.
Abolito il Collegio nel 1798, con
l’inizio del nuovo secolo e sotto la dominazione francese, anche il monastero
benedettino fu riconfermato a destinazione militare.
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Il fronte dei magazzini su via Chiara Novella |
Si segnalano però due addizioni importanti, ovvero il fabbricato della “cavallerizza”, fra S. Benedetto il Corpus Domini, e i magazzini prospicenti via dei Mille e via Chiara Novella, realizzati fra il 1879 e il 1880, soluzioni che comunque non alterarono il carattere isolato dell’intero comparto.
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Il vecchio giardino del Corpus Domini. Sullo sfondo S. Benedetto a destra e la "cavallerizza" a sinistra |
L’utilizzo per scopi militari si prolungò fino al cessare del secondo conflitto mondiale e probabilmente consentì la sopravvivenza dell’intera area, seppur con pesanti condizionamenti.
Negli anni immediatamente
successivi alla Seconda guerra mondiale, vista la necessità di trovare alloggio
a svariati profughi e a famiglie ebree sopravvissute alla Shoah, si decise quest’area
come la più idonea.