IV_Cremona. DP Camp IT82

 

Infrangere le frontiere. L’arrivo delle displaced persons ebree in Italia (1945-1948): flussi, vie d’ingresso e politiche d’accoglienza

Estratto del saggio di Cinzia Villani (a cura di R. Aglio e M. Feraboli, Quaderni BiMu.1, DP Camp IT 82: Cremona. Arrivo e partenza. Traiettorie, incroci, vite, Storia. Atti della Tavola rotonda, 2017, pp. 1-18)

Uno degli stratagemmi utilizzati di sovente per consentire questi ingressi fu quello di spacciare gli ebrei che arrivavano da oltre frontiera per Heimkehrer, per italiani che facevano ritorno in patria. Primo Levi ne La tregua descrive uno di questi gruppi:

"In coda al treno viaggiava con noi verso l’Italia un vagone nuovo, stipato di giovani ebrei, ragazzi e ragazze, provenienti da tutti i paesi dell’Europa orientale. Nessuno di loro dimostrava più di vent’anni, ma erano gente estremamente sicura e risoluta: erano giovani sionisti, andavano in Israele [in realtà Palestina], passando dove potevano e aprendosi la strada come potevano. Una nave li attendeva a Bari: il vagone l’avevano acquistato, e per agganciarlo al nostro treno, era stata la cosa più semplice del mondo, non avevano chiesto il permesso a nessuno; l’avevano agganciato e basta."

Due  erano  all’epoca  le  tipologie  di  ‘refugee camps’  esistenti:  vi  erano  centri per persone in transito gestiti dall’Allied Commission, ove nel luglio  1945 era alloggiata in via provvisoria la maggior parte degli ebrei giunti in  Italia dopo la fine del conflitto e campi ‘permanenti’ amministrati invece dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration, un'organizzazione internazionale con sede a Washington, istituita il 9 novembre 1943 per assistere economicamente e civilmente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla seconda guerra mondiale), in cui la sistemazione risultava maggiormente ‘stanziale’.